Non esiste sostenibilità senza parità di genere

16/03/2021 | Sostenibilità

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Secondo i dati Istat, a causa della pandemia c’è stata una perdita di 444 mila posti di lavoro, di cui 312 mila unità sono donne.  Perché a pagare il prezzo sono state le donne?

Gli stereotipi di genere continuano ad alimentare un modello discriminatorio e non inclusivo. Ecco allora l’importanza fondamentale del 5° obiettivo di Sostenibilità dell’Agenda 2030 dell’ONU sulla parità di genere.

Ma cosa c’entra la parità di genere con lo sviluppo sostenibile?

Una nuova definizione di Sostenibilità

Nel settembre 2015 i 193 Paesi membri dell’ONU hanno siglato l‘Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile: si tratta di un programma nel quale sono racchiusi 169 traguardi da raggiungere di cui 17 sono per lo Sviluppo Sostenibile, i cosiddetti SDGs.

L’obiettivo dell’Agenda 2030, che fa seguito ai Millennium Development Goal, è quello di intervenire in quelle che vengono definite le 3 aree fondamentali dello Sviluppo Sostenibile: la dimensione economica, sociale ed ambientale.

Leggendo il documento emerge un dettaglio molto rilevante, ovvero il definire quelli dell’Agenda 2030 “obiettivi comuni”: non solo degli Stati coinvolti, ma di ogni singolo cittadino. Nessuno è escluso e nessuno dovrebbe essere lasciato indietro in questo lungo cammino. Ogni individuo rappresenta un tassello fondamentale per raggiungere l’ambizioso traguardo di una società sostenibile.

Ripensare il modello di sviluppo

Una grande novità rispetto al passato riguarda la presa di posizione dell’ONU sul modello di sviluppo che ha caratterizzato la crescita delle nazioni fino ad oggi.

Il modello di sviluppo attuale è stato dichiarato insostenibile, non solo dal punto di vista ambientale (e quindi dello sfruttamento delle risorse naturali), ma anche economico e sociale.

Con gli SDGs (Sustainable Development Goals), l’ONU sfida gli Stati Membri a interrogarsi su quanto sia sostenibile una società umana che non garantisca i diritti fondamentali alle persone, in cui la disuguaglianza è caratteristica fondamentale del modello economico e in cui ancora è presente la povertà, nonostante l’intelligenza umana sia in grado di trovare soluzioni resilienti e innovative.

La parità di genere nell’agenda 2030 dell’ONU

Quando sentiamo parlare di Sviluppo Sostenibile, nell’immaginario collettivo, il pensiero è subito rivolto al mondo del green e alla sostenibilità ambientale.

Quindi, cosa c’entra la sostenibilità con l’obiettivo di raggiungere l’uguaglianza di genere?

La definizione di Sostenibilità, per le Nazioni Unite, si sostanzia nelle “5 P”:

  1.  Persone. Eliminare fame e poverta in tutte le forme, garantire digità e uguaglianza
  2.  Prosperità. Garantire vite prospere e piene in armonia con la natura.
  3.  Pace. Promuovere società pacifiche, giuste e inclusive.
  4.  Partnership. Implementare l’Agenda attraverso solide partnership
  5. Pianeta. Proteggere le risorse naturali e il clima del pianeta per le generazioni future.

Ecco spiegato il perché del 5° obiettivo di sostenibilità: la Parità di Genere.

Se leggiamo con attenzione le 5 P risulta chiaro come una società sostenibile si basi sull’inclusività, sulla non discriminazione e quindi sulla promozione della dignità umana.

Come potremmo mai invertire la spirale di distruzione ambientale e iniziare a tutelare il pianeta se non siamo ancora in grado di valorizzare l’umanità tutta?

Le Nazioni Unite hanno esplicitato cosa significa in pratica raggiungere il 5° obiettivo dell’agenda 2030 sulla parità di genere:

  • Fermare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze;
  • Eliminare la violenza su donne, ragazze e bambine, sia nella sfera privata che pubblica;
  • Eliminare ogni pratica abusiva: le mutilazioni femminili e i matrimoni combinati, ad esempio;
  • Riconoscere e valorizzare il lavoro domestico non retribuito;
  • Fermare qualsiasi forma di discriminazione nei confronti di donne e ragazze;
  • Pari opportunità di leaership;
  • Accesso universale alla salute sessuale.

Purtroppo la strada sembra ancora molto lunga.

I dati sono, infatti, impietosi: la pandemia da Covid-19 ha peggiorato la situazione di molte persone, mostrando, ancora una volta la vulnerabilità delle donne, non tutelate culturalmente e socialmente.

La condizione economica delle donne in epoca Covid-19

Dal 2014 al 2019 abbiamo assistito ad una vera e propria impennata occupazionale e nel mondo dell’imprenditoria femminile: un trend che riguardava, in Italia, le regioni del Nord e del Centro e che vedeva l’imprenditoria femminile in netto vantaggio rispetto a quella maschile. (Fonte: Ufficio Studi Confesercenti).

Poi è arrivato il 2020 con un’emergenza sanitaria mondiale e la conseguente crisi economica. E a pagare sono state soprattutto le donne.

“Le difficoltà poste da lockdown e restrizioni nella dimensione familiare si sono scaricate principalmente sulle donne” spiega Anna Maria Crispino, Presidente di Impresa Donna Confesercenti. “Molte imprenditrici, in assenza di una rete di welfare che permetta loro di conciliare vita familiare e lavoro, si sono fermate”.

1 donna su 2 ha visto peggiorare la sua situazione economica a causa del Covid-19. Secondo i dati Istat, a causa della pandemia c’è stata una perdita di 444 mila posti di lavoro, di cui 312 mila unità sono donne.

Questo significa che 1 donna su 2 ha perso il lavoro, ha paura di perderlo o ha dovuto chiudere un’attività.

L’indagine “La condizione economica delle donne in epoca Covid-19” a cura di WeWorld Onlus in collaborazione con Ipsos disegna un quadro preoccupante della condizione italiana:

  • Peggioramento della condizione economica, con ripercussioni ancora più pesanti sulle madri single;
  • Sfiducia: Il 28% delle donne non occupate ha scelto di interrompere la ricerca del lavoro;
  • Dipendenza economica: più di 4 donne su 10 dipendono economicamente dal partner o dalla famiglia di origine.

L’indagine sottolinea come, in una situazione di emergenza come quella creata dalla pandemia, le donne risultano essere l’elemento che nel mondo del lavoro viene messo in discussione “complici gli stereotipi di genere e i retaggi di un sistema patriarcale, che continuano a enfatizzare il ruolo della donna come caregiver e dell’uomo come breadwinner della famiglia”.

Secondo i dati raccolti da WeWorld Onlus lo scorso maggio, il 60% delle donne aveva dichiarato di occuparsi da sola della cura di figli, anziani e disabili (contro il 21% degli uomini), spesso assieme al lavoro. Tutto ciò è risultato in un carico spesso troppo pesante, al punto da portare 1 donna su 2 in Italia a dover abbandonare piani e progetti a causa del COVID-19, contro 2 uomini su 5.

Tutto questo è inammissibile per un Paese evoluto.

Bisogna ridisegnare e ripensare il modello di sviluppo, cercando e ricercando soluzioni che possano realmente creare opportunità e non disparità.

Perché le donne, in questa pandemia, stanno pagando un prezzo altissimo e questo, oltre a non essere moralmente corretto è anche inammissibile se si adotta una prospettiva di evoluzione sostenibile della società che non lasci indietro nessuno (proprio come propongono gli SDGs).

Riformulare gli schemi, verso una società inclusiva e dunque sostenibile

Proprio, perché il Covid-19 ha stravolto tutti gli schemi, sarebbe opportuno pensarne di nuovi, decidere di destinare una somma considerevole del Recovery Fund per migliorare e creare nuove strutture sociali pubbliche e dare l’opportunità alle donne di fare seriamente imprenditoria.

Dobbiamo pensare di destinare questi fondi per creare strutture per anziani e bambini, così da poter liberare le donne e permetterle di realizzarsi e creare impresa.

Non sono poche le proposte che le associazioni hanno messo in luce durante questo 8 marzo 2021, da WeWorld Onlus (dall’eliminazione del Gender Pay Gap a politiche di vita famigliare e lavorativa fino allo sradicamento degli stereotipi di genere a partire dalla scuola dell’infanzia) alla petizione al Governo Draghi per un piano di investimenti per ridurre il gap di genere, a cura della rete di donne “Il Giusto Mezzo”.

La pandemia ha allungato di oltre mezzo secolo i tempi per il raggiungimento della parità di genere, facendolo slittare dal 2120 al 2171. Risulta necessario ed urgente creare le condizioni affinché le donne possano partecipare alla vita sociale ed economica in modo attivo e non passivo.

Manuela Barbara Soldati 

Content Coordinator of Content Marketing – Digital Innovation Days

 Roberta Russo

Content Coordinator of Sustainability – Digital Innovation Days

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