Digital Afterlife: continuare a vivere oltre la morte

03/02/2018 | Digitale

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Finchè morte non ci separi? Forse questa frase non vale più. È arrivata l’era della digital afterlife, dove neppure morire mette fine alla nostra presenza online. Ecco quindi come continua la nostra vita, senza di noi, su internet e sui social network.

Digital afterlife cos’è?
Digital Afterlife è un termine, sempre più usato, per descrivere tutto ciò che riguarda la nostra identità digitale dopo la morte. Tutti i nostri account, social network ma anche posta elettronica, contengono i nostri dati che al momento della nostra morte rimangono lì bloccati paradossalmente ferme in un limbo virtuale fra vita e morte. In passato, alla morte di una persona il fiduciario legalmente riconosciuto poteva cercare documenti cartacei di conti bancari, azioni, fatture da pagare. La situazione oggi è molto diversa, molti hanno scelto di non utilizzare la carta, digitalizzando, invece, tutti i nostri dati. In alcuni casi può capitare che questi dati siano stati criptati dal deceduto, per cui resi illegibili, in altri che i fornitori dei servizio non permettano l’accesso previa autorizzazione. Così molto del nostro bagaglio in vita va rovinosamente perso. In tempi non sospetti nel 2013, la società informatica McAfee ha pubblicato un sondaggio che suggeriva di valutare le proprie risorse digitali, ovvero quelle create, inviate, ricevuto o archiviate in digitale. È risultato dal sondaggio che l’intervistato medio ha affermato che le proprie personal memories digitali si aggirano sul valore di circa $ 17.000.

Facebook postmortem


Sempre più spesso i siti hanno aggiunto opzioni per permetterci di pianificare la gestione dei nostri account quando non saremo più in grado di farlo. Tra gli altri Facebook che è stato quasi costretto a cercare una soluzione a questo problema considerando che sta diventando un vero e proprio cimitero online. Si stima, addirittura, che nel 2098 il numero dei morti su Facebook supererà quello dei vivi.

La crew di Zuckemerg ha introdotto la possibilità di passaggio da un profilo standard ad uno commemorativo, affidato ad un legacy contact, ovvero un contatto di fiducia che possa utilizzarlo post-mortem. Le opzioni di utilizzo di facebook restano quasi uguali alle classiche, infatti un legacy contact può scrivere post, rispondere alle richieste di amicizia, e addirittura aggiornare l’immagine del profilo e la foto di copertina. 

Rivivere grazie ai bot


Considerati una delle più riuscite applicazioni del marketing automation i bot potrebbero avere anche altri scopi futuri, che ne dite di regalare l’eternità? È da questa premessa che parte Eugenia Kuyda, startupper nella Silicon Valley, che ha ricreato digitalmente il suo amico Roman Mazurenko, morto nel lontano  2015. Tutta la storia del progetto è leggibile qui.
In breve quello che oggi risponde quando si inizia una conversazione con Roman è un chatbot, ovvero un programma che imita il suo modo di esprimersi e la sua personalità. Perché il bot rispecchi al meglio Roman, l’algoritmo dà priorità, quando possibile, alle parole ricavate dai messaggi originali del ragazzo. In fondo qual è il desidierio di chiunque perda una persona amata? Che si possa ancora parlargli, dirgli almeno un’altra volta: “ti voglio bene”. Il chatbot potrebbe essere quindi una resurrezione digitale la modalità di sfruttamento, più umanamente utile, della digital afterlife. Tutto ciò mette in evidenza come l’interesse sempre forte per l’aldilà può sfruttare le novità in termini di tecnologia e inteligenza artificiale. Per il momento il progetto iniziare di Eugenia Kuyda è culminato in Replika , un bot che mentre conversa con noi assorbe la nostra personalità. 

Altri progetti di digital afterlife


Mentre si parla di digital afterlife e del destino dei propri profili sui social network dopo la morte, c’è già chi promette l’immortalità sulla rete: Eter9. Si tratta di una piattaforma che, grazie all’intelligenza artificiale, analizza la nostra attività social attuale per conoscere i gusti e personalità, fino a capire cosa potremmo postare in futuro, anche quando non ci saremo più.  Senza dubbio un altro affascinante esperimento di intelligenza artificiale.

La designer tedesca Leoni Fischer ha invece creato un diverso progetto di digital afterlife. Il suo è un particolare modo per dare vita ai morti utilizzando i loro account Facebook e l’ammasso di dati in essi presenti, trasformando questi ultimi in qualcosa di creativo. In Necropolis oggetti di uso comune diventano delle lampade, illuminate con ritmo diverso grazie all’algoritmo dell’account Facebook della persona deceduta.

La morte nell’era del digitale


La morte resterà sempre difficilmente accettabile, eppure la gestazione del lutto è stata profondamente modificata da internet e dai social network, anche se spesso non ce ne accorgiamo. È prassi ormai, quando muore un personaggio famoso che siano i social network il luogo principale in cui si esprime il proprio dolore, dando vita ad una catena di ricordi che si snoda fra un post e commenti, rendendo di fatto un evento luttuoso un momento di dibattito pubblico. L’afterlife digitale apre una nuova frontiera sul modo di pensare alla morte. È vero i social network ci rendono eterni, dando vita ad un’immagine di noi stessi che rimane cristallizzata nel tempo e immortale, almeno fino a che un fattore esterno non deciderà di intervenire.

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