#DIDAYSGIRLPOWER| Una vita per ricominciare: la rivoluzione della Spora

04/04/2019 | Digitale

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Continua la nostra rubrica #DIDAYSGIRLPOWER con l’intervista a Veronica Benini aka Spora, una vera capitana del web che con la sua energia e il suo talento non solo è riuscita ad affermarsi ma è diventata una autentica fonte di ispirazione per molte donne

Da architetta a blogger a imprenditrice di successo. Qual è il denominatore comune che ha accompagnato le tue scelte professionali?

L’empowerment. Ogni cosa che io abbia intrapreso è partita da un bisogno di veicolare indipendenza, autostima, sicurezza. Lo faccio gratis nei licei e università con guest speech, lo faccio gratis su Instagram, lo faccio io e altre 9 Muse ad ogni edizione dell’evento d’ispirazione che teniamo due volte all’anno, e non per ultimo è strutturante per tutte le mie attività profit. Perché alla fine conta davvero il perché fai quello che fai. Guadagnarci è una delle conseguenze.

Il web è stato uno strumento determinante nella tua carriera. Com’è cambiato il tuo modo di comunicare nel tempo? E la tua community?

Ho cominciato con un blog su Splinder nel 2005, faccio parte della prima leva di blogger. Dopo un annetto avevo capito non solo la Community ma anche LE Community e le nicchie. Ho parlato fin da subito alle donne perché ho aperto il blog per fare prevenzione contro il papillomavirus: il web mi era sembrato il posto migliore per arrivare a più donne possibili, e così è stato. La mia Community si è evoluta negli anni perché mi sono evoluta anche io. Molte persone tornano adesso perché sentono parlare di me e mi dicono “Ma dai, ti seguivo su Splinder, guarda quanta strada hai fatto!” ed è molto bello. Diciamo che all’inizio vai a vista, poi inizi a capire certe dinamiche e le accompagni, spesso le induci. Quando la tua Community è abbastanza forte inizi a destare l’interesse dei brand e hai due scelte: la monetizzi tu o la vendi ai brand. Io ho deciso di monetizzarla da sola al 2010 con la creazione di Stiletto Academy, poi Insplagenda, le consulenze e infine Corsetty.

Non tutti sanno che dietro alla comunicazione di successo dell’Estetista Cinica c’è il tuo zampino. Ci racconti com’è nata l’idea delle vignette?

Cristina mi seguiva in un blog corale dove parlavo di sesso con ironia. È venuta a conoscermi ad un aperitivo e mi ha invitata nel suo Centro Medico Estetico, già avviato in Piazza Buonarroti. Mi disse che voleva fare delle vignette da appendere ai muri delle cabine con questa fantomatica Estetista Cinica che rispondeva tagliente alle domande assurde delle clienti. Mi disse il primo testo: “Sono gonfia” e la Cinica risponde: “No, sei grassa”. E lì vidi come in una carrellata velocissima delle illustrazioni su Facebook e le migliaia di condivisioni. Quello stesso pomeriggio le aprii la pagina disegnando la vignetta con quella facciozza che diventò il suo logo, e gliel’ho tenuta per un annetto e mezzo condividendo alla mia Community ogni vignetta per crearle il primo zoccolo duro di fan. Poi lei, capendo le dinamiche non solo di comunicazione ma anche di marketing applicate ai social ha continuato con video e newsletter fino a diventare quel mostro sacro delle stories. Non sarebbe diventata l’Estetista Cinica se non fosse una genia.

Hai mai avuto paura di fallire? Come hai affrontato un fallimento professionale?

Sono fallita molte volte ed è stato brutto ogni singola volta. Nel 2012 ho lanciato una linea di sandali trasformabili e non sono riuscita a far correggere dei problemi del modello. Ho dovuto “abortire” la startup dopo aver fatto il lancio stampa ed essere uscita su molti giornali e femminili. Ho scelto di raccontare il mio fallimento come facente parte del mio percorso, trovo che se non hai mai preso una musàta non capirai bene come s’intraprende, e il motivo è semplice: è meno grave di quel che si pensaanche se doloroso per ego, tasche e immagine, quindi se non ti è mai successo avrai molta più paura e sarai molto meno ardita di qualcuno che è già fallito. Provateci e fallite e poi invece di far finta di niente: raccontatelo.

Quanto conta secondo te una laurea o un master in marketing o in comunicazione nella costruzione del proprio percorso professionale?

Non conta molto il dove impari perché le doti comunicative sono della persona, non sono dovute alla formazione, e poi perché in Italia non esiste una singolo ente formativo in grado di formare ai nuovi mestieri del web. Fanno teoria e mai pratica. Io stessa faccio formazione ma la oriento verso la pratica e verso lo sviluppo del pensiero laterale: bisogna imparare ad usare fantasia e premeditazione, immedesimazione ed empatia per creare una buona strategia comunicativa. Direi che un marketer o comunicatore di successo è 50% intelligenza emotiva, 40% viaggi ed esperienze di ogni genere, 10% formazione. Inutile raccontarci le balle: se non sei intelligente e se non hai aperto la tua mente al mondo non combini niente di eccezionale e ti ritrovi a fare CTA nelle pagine Facebook dei brand multinazionali.

Vale solo per i freelance o anche per chi vuole lavorare come dipendente magari in una grande azienda?

Vale più pre i freelance perché le aziende vogliono le CTA e gli influencer con i fan comprati.

Chi ti segue sa che nella tua impresa hai un’attenzione particolare anche al welfare. Quali “misure” adotti per favorire il benessere delle persone che lavorano per te?

Io ho lavorato fin da giovanissima e ho fatto di tutto: cameriera, lavapiatti, babysitter, ragazza alla pari, promoter, designer 3D in open space. Poi ho fatto carriera nell’Architettura ed Ingegneria e sono diventata manager internazionale. Essendo stata nella parte bassa della piramide lavorativa ho capito quali capi mi facevano sentir parte dell’azienda e quali no, e ho sempre cercato di mettere insieme tutte le cose belle insieme ad altre che mi sarebbero piaciute, perché se sei dipendente è difficile che tu voglia batterti con sangue sudore e lacrime per un fatturato non tuo: tu lo stipendio a fine mese lo vedi lo stesso, che ti sbatta il giusto o che tu ti sbatta molto di più. 

Quando ho capito che: ok che si lavora per i soldi, ma che si rimane in un posto per la cultura aziendale, ho deciso di creare la mia, e davvero a modo mio. A luglio 2018 ho aperto SPORA SRL in Corso Italia a Milano e mi sono detta che avrei creato un posto fighissimo con gente felice. Firmiamo i contratti con la penna unicorno, abbiamo introdotto e continueremo a introdurre cose gratuite come il macha nelle postazioni caffè, gli assorbenti e salvaslip in bagno, la trainer per tutte due volte a settimana nel bunker, mangiamo insieme quasi ogni venerdì ed ho un pranzo personale con ognuna una volta al mese per sentire come va. 

Stiamo organizzando il viaggio annuale a Marrakech e le Salampiadi: le prime olimpiadi del lancio del salame nel corridoio perché ho sempre fatto impresa in modo affrettato (appunto come lanciare un salame in un corridoio) e voglio onorare l’incoscienza che mi ha permesso di creare 4 startup folli, tuttora attive e in crescita del 200-300% annuale. Portiamo i cani in ufficio, ogni tanto parte una canzone improbabile tipo “È grosso e non ci entra!!” e ci facciamo grasse risate in regia e montaggio dei corsi perché il mood è chiaro: noi ci divertiamo perché vogliamo che le nostre corsare si divertano mentre imparano. Gli sticker di Instagram fanno parte dei protocolli di lavoro per ogni progetto e devono essere fuori di testa. Non è facile trovare persone che incastrino nel nostro mood, ecco perché lo racconto: in questo modo quando si apre una posizione, la mia Community sa perfettamente come sia lavorare con noi e non perdiamo tempo con gente da CTA di cui sopra. Io guardo Richard Branson servire i caffè col rossetto sui suoi aerei e Elon Musk che regala un lanciafiamme e mi dico figa ragazze: se lo fanno loro allora possiamo farlo anche noi. E lo stiamo facendo.

Qual è l’ostacolo più grande che hai riscontrato nella tua attività come consulente tra le donne che vogliono lanciare un proprio business?

Molte credono che se chiami le influencer guadagni un sacco di soldi subito, non c’è cultura fra awareness e conversion; non capiscono la semina e la coda che può avere una campagna, anche nei mesi successivi. Non capiscono che stare sui social è un lavoro a tempo pieno e non puoi farlo solo ogni tanto o farlo fare a tuo cugggino; che Instagram non è un catalogo e che non si fanno le CTA (ce l’ho con le CTA, lo so). Ecco perché prendo in percorso personale solo chi ha già fatto almeno istafaiga on line e ha le basi. Dopotutto le mie ore sono limitate e preferisco lavorare con gente ben disposta, il resto mi fa fatica. A volte con la consulenza oraria mi trovo in studio una parlamentare, una dirigente di multinazionale, la CEO di un brand affermato, un giornale storico oppure una che fa torte a casa sua. È una montagna russa e ne usciamo sfinite ma frullatissime di idee, per me è una droga questa corsa all’orologio in 60 minuti per ribaltare un progetto, brand, prodotto e farlo ripartire non solo in chiave 2019 ma anche in grado di fermare il dito che scorre il feed. Sono una sensation seeker sempre al limite dell’ipomania e mi drogo con queste sfide. La mia tipologia di cliente cerca questo tipo di disruption.

Per concludere, quale consiglio daresti a una persona che lavora come dipendente ma sogna di creare una propria impresa?

Che non è per tutti e che ne proverai tante prima di quagliare giusto. Che hai 2 anni di sovrapposizione fra il lavoro dipendente di giorno e quello tuo la sera e i weekend. Che capirai che sei nella strada giusta se fare la roba tua non ti pesa e ti fa sentire un drago. Importantissimo: fattura bene prima di fare il Grande Salto, perché moltissimi pensano che la loro idea sia una bomba ma non fanno test di vendita reale, nel mercato reale, con gente e soldi reali e poi rimangono col culo a terra lanciandosi a caso. Raga, iniziate a vendere subito per vedere se funge, per aggiustare il prodotto e le dinamiche, ma non mollate il lavoro per darvi alla vostra startup, non funziona così. Ecco perché è per pochi personaggioni fuori di testa.

Io al momento ho un fisso mensile esorbitante, continuo ad assumere e spostare gente di ruolo e di uffici per ottimizzare sia l’azienda che le loro attitudini e sono serena, ma se siete del genere che si stressa e non ha un business model coi fiocchi, allora lasciate perdere perché il BM è tutto e siamo in un’era dove il Business Model te lo devi inventare di sana pianta. Un’altra cosa: i round d’investitori sembrano la roba più figa del mondo con le migliaia di euro che ti piombano magicamente nel conto, ma poi hai in casa gente che non solo ti possiede, ma mette bocca su tutto. Se hai davvero l’animo dell’imprenditore tu non vuoi gente fra le ovaie e vuoi fare di testa tua, anche se ti va male. Io ho una mentore di 59 anni che ogni tanto mi dice Vero, stai per fare una cazzata. Le racconto tutto ed è preziosa. Una volta a settimana vado anche dalla psy, perché mettere ordine in testa è il regalo più grande che possiamo farci e ti mette il turbo in modi che non avresti mai immaginato. E io non vedo perché debba negarmi di diventare la miglior versione di me stessa. Se volete fare i fighi sui palchi trovate un’idea scalabile virtualmente, fatevi il culo a strisce divertendovi con Salampiadi o similia e non fatevi incubare. Il mercato siamo noi, e noi siamo milioni di culi.

Ilenia Dalmasso

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